Contributo CPA- Firenze
Questa iniziativa è uno dei momenti in cui si articola la Campagna "Rompiamo il tabù".
Quale è il tabù che vogliamo rompere? Quello che ci impedisce di parlare ad alta voce dell'esistenza, nelle galere di questo paese, di 16 prigionieri politici incarcerati da 40 anni e di altri tre, che da oltre 20 sono sottoposti al 41 bis. Di più; portando l'attenzione sull'esistenza di questi compagni imprigionati, vogliamo anche rompere il silenzio che avvolge un pezzo significativo del patrimonio storico e politico del movimento di classe di questo paese. Vogliamo parlare dei famosi (o famigerati) anni '70; in realtà, cominciati nel decennio precedente e conclusi in quello successivo. Nella storiografia contemporanea, sta venendo in uso considerare il periodo che va dalla Rivoluzione Bolscevica del '17 alla caduta del muro di Berlino dell' 89, come un' unica fase storica; crediamo che, se questo è vero per l' Europa e per il mondo, a maggior ragione lo è per il nostro paese, soprattutto se si legge questo periodo dal punto di vista della storia della lotta di classe. Possiamo ben dire infatti che i riflessi della Rivoluzione Bolscevica, calati nella situazione oggettiva del primo dopoguerra italiano, producono il Biennio Rosso, l' esperienza degli Arditi del Popolo e la nascita del Partito Comunista d'Italia; aprendo, per il proletariato italiano e per le sue componenti d'avanguardia, un periodo nuovo in cui diventa possibile e necessario porsi l' obiettivo della Rivoluzione: di una società senza padroni. Tale obiettivo resta, pur con differenti momenti e caratteristiche, l'orizzonte d'azione della Classe per quasi tutto il '900.
In questa lunga fase (1917-1989) del conflitto di classe, è possibile, a nostro avviso, distinguere tre momenti di forza, per parte proletaria. Il primo è il già citato Biennio Rosso; il secondo è rappresentato dal Movimento della Resistenza (1943-1945); il terzo è rappresentato, appunto, dagli anni '70; quando il conflitto di classe acquisì stabilmente connotazioni rivoluzionarie. Furono almeno 15 anni di dura e intensa lotta per "l'abolizione dello stato di cose presenti". Allora, a partire dal manifestarsi massiccio dell'autonomia operaia (cioè della capacità della classe operaia delle grandi fabbriche del nord di esprimere autonomia politica dal sistema di potere vigente in fabbrica e nella società) e dall'incontro tra questa e la spinta antiautoritaria dei movimenti studenteschi, nacque un movimento rivoluzionario talmente forte e maturo da mettere in discussione fattivamente, in varie forme e modalità, significativi momenti di potere nella società, fino alla possibilità, intravista, di strappare tutto il potere alla Borghesia.
La storia è andata diversamente e gli anni '80 (a partire, grosso modo, dal 1979) sono stati caratterizzati dalla controrivoluzione borghese; una controrivoluzione tanto più dura e massiccia, quanto più i settori avanzati della classe erano riusciti a spostare a proprio favore i rapporti di forza, generando un clima politico-culturale, entro cui trovava legittimità la diffusa aspettativa popolare di un mondo altro. È questo il motivo (la grande paura della Borghesia) per cui, tale periodo, è stato seppellito sotto il fuoco di fila della disinformazione; tanto che oggi se ne sente parlare soltanto come una sommatoria di episodi di cronaca nera.
Il fatto è che la controrivoluzione dispiegata dei primi anni '80, si è in seguito cristallizzata nella capacità dello Stato Borghese di intervenire preventivamente su diversi piani, alfine di impedire che le oggettive contraddizioni sociali, prodotte fisiologicamente dalla società divisa in classi, abbiano sviluppi soggettivi sul terreno rivoluzionario.
Questa capacità si manifesta anche nel campo della memoria e si palesa nel silenzio e nella mistificazione che la Borghesia è riuscita a creare intorno a questi prigionieri e agli anni '70 tout court; e ciò, persino all' interno di ampi settori della sinistra di classe. Fare i conti criticamente con questo pezzo di esperienza proletaria, senza intenti celebrativi e mitizzanti, ma liberi dal condizionamento esercitato dalla lettura borghese della storia; e in questo quadro, sviluppare solidarietà di classe per i prigionieri; in sintesi: restituire all' intelligenza collettiva la memoria; è, a nostro avviso, elemento oggettivo di crescita per un' opposizione di classe che vuole misurarsi con l'odierno "stato di cose presenti", fatto di guerra, peggioramento delle condizioni materiali di esistenza, restringimento dell' agibilità politica. Perciò ci auguriamo che iniziative come questa si moltiplichino nelle sedi e negli spazi del movimento, in tutto il paese.
CPA - FIRENZE