“Rompiamo un tabù”. Libertà per tutte/i i prigionieri politici! - Vogliamo rompere un tabù

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“Rompiamo un tabù”. Libertà per tutte/i i prigionieri politici!


Da qualche tempo è sul tavolo della nostra redazione l’appello “Rompiamo un tabù”.
   
Il tabù è il silenzio sul fatto che nelle carceri italiane sono  rinchiusi da quarant’anni 16 detenuti politici che hanno fatto parte di  organizzazioni della lotta armata.
   
Siamo per rompere questo tabù, è la ragione per cui pubblichiamo l’appello.
   
La discussione in redazione – di qui il ritardo – è stata intorno all’opportunità, o meno, di ritornare a discutere in questa circostanza  degli anni ’70 e ’80, nei quali alcuni/e tra noi sono stati in aperto  contrasto con queste/i compagne/i sulla lettura della fase (che per noi  non era pre-rivoluzionaria), sulla concezione del processo  rivoluzionario (che per noi non ammette la possibilità che le  avanguardie “sostituiscano” le masse), sul programma rivoluzionario e  sulle prospettive internazionaliste (o da “socialismo in un paese  solo”).
   
Lo faremo in altra occasione.
   
Quei contrasti, e l’essere rimasti fermi, anzi fermissimi, sulle  nostre posizioni, però, non tolgono nulla al profondo rispetto umano e  politico che proviamo nei confronti di militanti che per un così lungo  arco di tempo hanno ribadito davanti allo stato nemico “il rifiuto di  mercanteggiare e mercificare” le proprie convinzioni e idealità –  nonostante l’assedio di un pentitismo e una pratica di dissociazione di  abnorme ampiezza.
   
Se la magistratura torinese è intenzionata a riaprire il processo per  i fatti di Cascina Spiotta (5 giugno 1975) contro Curcio e Azzolini,  noi – al polo opposto – rivendichiamo la liberazione, senza condizioni, di tutti e tutte i detenuti politici della nostra parte,  come un aspetto integrante della nostra lotta contro la repressione  statale, che oggi è incentrata sull’azione per fermare il DDL ex-1660 e  sulla solidarietà attiva a quanti proletari e attivisti vengono colpiti  ormai quotidianamente da provvedimenti restrittivi e persecuzioni  giudiziarie.
   
La situazione nazionale e internazionale degli anni ’80 e quella  attuale non sono comparabili, neppure per quel che attiene all’azione di  controllo e repressione degli apparati dello stato. Ma l’accanimento  con cui questi apparati perseguono alcuni prigionieri politici delle  formazioni armate di quasi mezzo secolo fa, esprime la loro  consapevolezza, la loro paura, che il malessere sociale, lo  sfruttamento, la povertà, le guerre, i genocidi del capitale possano  partorire, contro ogni previsione, una precipitazione politica in senso  anti-capitalista, rivoluzionario. Per allontanare un tale pericolo, non  basta l’azione sistematica di narcotizzazione delle masse; non basta la  repressione delle lotte operaie, sociali, ecologiste, contro le guerre  imperialiste (ad oggi assai limitate); serve perseguire e criminalizzare  ogni segno, atto, comportamento che contenga un incitamento a  rovesciare gli apparati di dominio della borghesia per aprire la strada  ad un nuovo ordinamento sociale senza sfruttamento e oppressione. La  pretesa di imporre a questi militanti dalla spina dorsale diritta  l’abiura del proprio passato come condizione anche solo di misure  alternative alla detenzione, e tanto più di un fine-pena, ha questa  radice.
   
Libertà per tutte/i i prigionieri politici!





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